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Il Contratto con gli italiani fu una buona idea
I cittadini sono subissati di stimoli; occorre coinvolgerli con pochi messaggi chiari, lineari e soprattutto inequivocabili

Nella società contemporanea i cittadini-elettori sono bombardati di messaggi: televisione, radio, stampa, internet, oltre alle normali conversazioni della vita quotidiana. Solo una parte di questi messaggi riguarda la politica ed è veicolata principalmente attraverso la televisione: la stragrande maggioranza degli italiani non tocca un quotidiano d'opinione politica neanche per errore; non va granché meglio coi libri e nemmeno con internet, dato che il nostro paese è, tra gli stati dell'Unione Europea, uno dei più arretrati sul versante dell'e-democracy e delle nuove tecnologie digitali. In compenso la quasi totalità dei cittadini fruisce della televisione generalista e per la maggior parte degli elettori, dunque, il rapporto con la politica è mediato esclusivamente dal piccolo schermo, senza che vi sia alcuna forma di partecipazione attiva: il numero degli iscritti ai partiti è drasticamente calato rispetto all'epoca della Prima Repubblica, malgrado si attesti su livelli non bassi rispetto a quelli delle altre democrazie industriali avanzate anche grazie a qualche timido segnale di ripresa nei tempi recenti; negli ultimi trent'anni, tra l'altro, è calata anche l'affluenza alle urne (ed è crollata nei referendum), sebbene pure in questo caso registri cifre più alte rispetto a quelle di altri paesi (Stati Uniti, Gran Bretagna, Scandinavia).

L'Italia, dunque, è un paese che si reca a votare regolarmente e in modo compatto ma sulla base di un'informazione che, per i più, è lacunosa e appiattita sui messaggi brevi e ultrasintetici di una televisione oligopolizzata, poco indipendente e lottizzata dalla politica (emblema di questa situazione è la dignitosa rinuncia all'incarico di presidente della Rai da parte di Ferruccio de Bortoli, direttore del Sole 24 ore, convinto che tale ruolo consiste oramai nel ratificare decisioni assunte da altri).

Farsi capire, in un contesto del genere, diviene drammaticamente difficile. Il rischio è di banalizzare il discorso politico: il telespettatore (o il lettore che sfoglia distrattamente un cartaceo leggendone a malapena i titoli) va sempre di fretta e non è facile invitarlo a fermarsi per riflettere e pensare. Pure i dati dei quotidiani on line confermano che la maggior parte dei lettori dedica alla lettura poche decine di minuti, se non molti di meno: l'imperativo dunque è di conquistarlo con notizie immediate e sempre fresche.

In un contesto del genere una formazione politica deve comunicare, riassumendoli in poche parole e immagini, non solo valori ma anche, per quanto possibile, contenuti politici. Proposte e progetti. L'idea di un "Contratto con gli italiani", che nel 2001 lo staff di Berlusconi riprese dai repubblicani americani che nel 1994 riottennero la maggioranza in Congresso, andrebbe studiata a fondo. Indubbiamente lascia perplessi la location scelta dal leader della Casa della Libertà, ossia lo studio di Porta a porta: il talk show trasmesso dalla prima rete Rai, in quanto servizio pubblico, avrebbe dovuto mantenere una posizione terza e indipendente e non così sfacciatamente servile e strumentale ai voleri del futuro Presidente del Consiglio.

Ma non per questo risulta meno interessante l'obiettivo di ridurre la complessità di un programma politico a cinque punti chiari, netti, espressi con un linguaggio semplice e privo di ambiguità e messi nero su bianco in un patto al cui rispetto, nelle intenzioni originarie, sarebbe stata subordinata l'eventuale, successiva ricandidatura al termine dei cinque anni di Governo.

Anche le altre formazioni politiche, a livello nazionale o locale, dovrebbero rivolgersi agli elettori con una simile capacità di sintesi e messaggi altrettanto netti e affilati. Concreti. Possibilmente evitando mosse plateali e impostando la propria comunicazione su valori come la trasparenza e la responsabilità piuttosto che sulla mera spettacolarità. Nella speranza che l'efficacia della comunicazione, la sua capacità di convincere le persone, possa andare di pari passo con l'onestà e non, al contrario, divenire lo strumento per gettare fumo negli occhi.

Nel 2006 l'Unione di Romano Prodi si presentò agli elettori con un programma di svariate centinaia di pagine. Nel gennaio 2007, dopo il conclave di Caserta, lo staff dell'allora Presidente del Consiglio elaborò un curioso documento, denominato "l'Albero del Programma": ben 56 pagine di schemi colorati che connettevano i vari elementi dell'azione di Governo. Testi ampi, articolati, ottimi per gli addetti ai lavori, ma non certo per l'opinione pubblica, che presumibilmente necessita di messaggi più vicini al loro linguaggio quotidiano, alle loro esigenze, ma anche ai loro valori e ideali. Messaggi meno tecnici e, soprattutto, inequivocabili, tali da stabilire una volta per tutte quali sono l'impegni presi dinanzi ai cittadini.

Antonio Cilardo

direttore@tuttiinpiazza.it

11/03/2009
 
 
 
   POLITEIA
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