Filomena Baratto è una scrittrice campana che ha deciso di debuttare con un libro di liriche attraverso cui raccontare la storia della sua vita e, in particolar modo, le vicissitudini di una famiglia che vive una serie di conflitti. L’opera dal titolo “Ritorno nei prati di Avigliano” (Alberti & C. Edizioni) è un libro certamente ricco di fascino e, allo stesso tempo, di emozioni allo stato puro. Dall’infanzia alla vita adulta, la Baratto racconta della nostalgia che, a tratti, ha costellato la propria esistenza soprattutto nel ricordare la sé bambina, quando correva per i prati del suo paesino, tra gli affetti di una famiglia ancora unita e gli amici di sempre. Poi, i suoi genitori si separano e la bimba, pur contesa, resta a vivere con la mamma, allontanandosi dal padre che rivedrà solo 35 anni dopo. Un’assenza quasi interminabile. Una vita di ricordi, pensieri, forse rimpianti, forse conflitti e certamente grandi difficoltà ad accettare la lontananza della figura paterna, perno di un qualsivoglia nucleo familiare. Filomena Baratto, racconta della difficoltà a ritrovare i tempi felici e anche della voglia di recuperare i rapporti perduti. Ma la bimba che era stata non chiedeva altro che esser ascoltata, esaudita, aiutata, amata, protetta e certamente riabbracciata dal proprio padre ed ha preso il sopravvento. Nata a Vico Equense nel 1962, la scrittrice ha dedicato la propria vita al mondo dell’arte anche attraverso altre forme quali la pittura e lo studio del pianoforte. E’ divenuta un’artista che sa lasciare il segno. Un’artista vera che sa amalgamare le proprie passioni e, allo stesso tempo, sa realizzarsi attraverso più sfumature. Cosa significa per te l’opera “Ritorno nei prati di Avigliano”? E’ un voler tornare alle origini, cullarmi in uno spazio e un tempo vissuto per così breve tempo ma così intensamente,è un risentire l’affetto delle persone che mi hanno amato e che non ci sono più, è dare uno sguardo più ampio alla vita precedente che allora volevo sfuggire e ora vorrei riavere. Cosa ha provato nel rivivere la sua vita, come fosse quasi un cortometraggio? Preparare il video ,col quale presento l’opera, è stato molto difficile per me. Con esso ho voluto dare al lettore la possibilità di entrare nella mia storia per capire meglio l’argomento delle liriche e pertanto ho dovuto ripercorrere con la mente situazioni, eventi e ricordi di cui pensavo mi fossi liberata. Mi sono soffermata poi, sulla stradina di Avigliano perché lì ci sono ricordi molto forti e il primo impatto che ho avuto dopo tanto tempo è stato di sentirmi ancora quella bambina alla ricerca dell’affetto paterno così sfuggente e quello materno così fugace. I sentimenti sono stati identici a quelli di allora e malgrado avessi cercato di liberarmene traducendo il tutto in versi, c’è in me ancora un’orma indelebile e incolmabile che penso non potrà andare mai più via. L’unico modo per sopravvivere a questo sentimento così resistente nel tempo e forte è l’arte, l’unica cosa che mi permette di allontanarmi da me e uscire fuori. Spesso la separazione dei genitori condiziona i figli per tutta la vita. Quanto l'hanno condizionato le difficoltà che sono sorte tra i suoi genitori? Sono cresciuta in una precarietà affettiva notevole e solo oggi riesco a capirlo. Nel mio caso ho avuto sempre il bisogno di dimostrare agli altri che esistevo anche io e l’ho fatto per far capire di essere all’altezza di quel bene che mi è stato negato, di meritarmelo .E’ come se avessi voluto compensare quello che non ho ricevuto con l’entusiasmo di voler fare tutto quello che era nelle mie possibilità senza tralasciare alcuna cosa. C’è in me un’esauribile fonte di creatività che mi porta ad un’iperattività mentale notevole. Essa è nata allora perché dovevo essere brava per attirare i miei genitori su una figlia che non vedevano e volevo attirare la loro attenzione sbalordendoli. Mi è necessaria tutta questa creatività per evitare l’ipocondria che altrimenti mi assale. Oggi riesco a carpire anche le più impercettibili sensazioni del mio animo, so leggere dentro di me in modo chiaro e il fatto di riuscire ad essere psicologa di me stessa è la dimostrazione di avere accettato la mia storia e di aver raccolto le mie sofferenze per analizzarle ed evitare di soffrire ancora. Il momento è passato ma sulla ferita c’è un cordone molto duro che resterà per sempre. Sono, però,felice di come ho affrontato questo mio dolore ben celato per tanto tempo e che ho messo fuori solo quando l’ho capito,elaborato e finalmente partorito. Tiziana Iaccarino
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