Ryszard Kapuscinski non ha mai viaggiato da solo. Nei suoi tantissimi viaggi in giro per il mondo, il grande reporter polacco è sempre partito portando con sé l’esperta ed intelligente guida di Erodoto.
“Abbiamo viaggiato insieme per anni. Benché sia preferibile viaggiare da soli, penso che non ci siamo disturbati a vicenda: oltre ai 2500 anni di distanza, tra noi si frapponeva anche la soggezione che provavo nei suoi confronti. Per quanto Erodoto trattasse tutti in modo cortese e alla mano, per me era sempre un gigante.”
“In viaggio con Erodoto” è, da una parte, la storia di un giovane reporter che per la prima volta varca la frontiera del suo paese per rimanere senza parole di fronte alla vastità di quello che scopre; dall’altra, vi è svelata la vita ed il carattere di un greco curioso, vissuto molti secoli prima, reporter antelitteram, che assisté e raccontò nelle sue Storie la prima disputa tra Oriente ed Occidente. Kapuscinski incontra l’opera di Erodoto agli inizi della sua carriera, quando, inviato all’estero dal suo giornale, vive quei primi giorni oltre la frontiera comunista come un alieno incapace di comunicare ed estraneo ad ogni idea di progresso.
“Avevo capito che quante più parole avessi conosciuto, tanto più ricco, pieno e variegato mi sarebbe apparso il mondo in cui mi trovavo.”
Quando il racconto di Kapuscinski si ingarbuglia in una serie di domande di difficile risposta, ecco venirgli in aiuto il suo nume tutelare (e conquistare definitivamente la scena), l’infaticabile greco, nato ad Alicarnasso, in Asia Minore, intorno al 485 a.C., che con la sua saggezza antica ma sempre attuale ci parlò delle genti del suo tempo e dei tentativi persiani di assoggettare le città greche. Kapuscinski condivide con lui il valore immenso che dà al solo atto di varcare una frontiera. Perché è soprattutto lo spirito del greco ad affascinarlo e a trasmettergli gli insegnamenti più preziosi: l’apertura nei confronti dell’altro che lo animava, la limpidezza del suo sguardo mai intollerante, la curiosità innata, unita ad una vivacità intellettuale fuori dal comune, è con questo bagaglio che Erodoto si avventurava nei suoi viaggi in terre lontane, in un’epoca nella quale l’unico modo di reperire informazioni era quello di essere presente sui luoghi dove la storia si svolgeva e accumulare testimonianze. Il reportage è il più collettivo dei generi: per scriverlo il giornalista non può che servirsi dei racconti degli altri. Per questo è necessario, per essere un buon reporter, suscitare in questi “altri” la voglia di aprirsi e di raccontare.
Le pagine di Kapuscinski intendono regalarci il profilo di Erodoto che ha ispirato il reporter polacco nella sua professione, dimostrando soprattutto come abbia dato sfoggio nei propri rendiconti di un’incredibile percezione della complessità del mondo, cosa davvero straordinaria per quei tempi, quando del mondo si conosceva solo una piccolissima porzione. Erodoto è preciso, ad esempio, nel distinguere i fatti che ha visto con i propri occhi da quelli che gli sono stati riferiti. Persegue la verità e conosce le difficoltà che incontrerà nel tentare di rappresentarla. Ogni racconto è parziale, ci dice (“Il passato non esiste. Esistono solo le sue infinite versioni”), e non potrebbe essere diversamente: il mondo è troppo vasto, la storia è troppo complicata perché le parole bastino. Kapuscinski ci fa notare così quello che Erodoto non racconta: i risvolti di alcuni suoi aneddoti, gli epiloghi delle vicende trasversali, il destino di alcuni dei personaggi marginali che compaiono, tutto ciò versa oramai in un oblio senza rimedio. Dai tempi di Erodoto è sempre stato questo il limite di ogni cronista: salvare quanto più possibile di un mondo che affonda lentamente nella dimenticanza. Erodoto è però, soprattutto, uno straordinario narratore, capace di legare il lettore alla sua pagina grazie all’uso oculato di molti espedienti narrativi: abituato com’era alla narrazione orale doveva giocoforza conoscere i trucchi per tenere vivo l’interesse di chi ascoltava. Le storie che predilige disegnano un mondo antico crudele, regolato da leggi non scritte, nel quale il sogno di un sovrano può determinare il destino di centinaia di migliaia di uomini. Stefano Crupi
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