La nevosa Park City, cittadina dello Utah, ha ospitato anche quest'anno il più importante Festival cinematografico indipendente di tutti i tempi: fondato nel 1978 – e giunto quindi alla sua 26° edizione – prende il nome da “Sundance Kid”, uno dei personaggi più celebri interpretati dal padrino della manifestazione: Robert Redford. L'attore, trasferitosi nello Utah negli anni '60, si impegnò fin da subito nel progetto allora ancora embrionale del Festival - che cambiò nome nell'85 in onore al personaggio interpretato in “Butch Cassady” accanto a Paul Newman e lo rese in breve, grazie alla sua notorietà, un trampolino di lancio per registi emergenti noto in tutto il mondo. Dalla manifestazione sono usciti grandi nomi quali Quentin Tarantino, che vi partecipò con "Le Iene", Steven Soderbergh, Paul Anderson, Robert Rodriguez e Jim Jarmusch fra gli altri. Le pellicole di successo "Clerks", "Saw", "The Blair Witch Project", "Little Miss Sunshine" e "Thank you for smoking" hanno tutte partecipato in prima battuta alla competizione che si svolge nella località sciistica alle porte di Salt Lake City. Anche "Precious", il film drammatico su una giovane afroamericana analfabeta che sta riscuotendo un enorme successo in America, dove ha vinto la notte scorsa un Golden Globe per l'interpretazione di Monique, ha ottenuto una vasta distribuzione nelle sale grazie alla vittoria come miglior film nella scorsa edizione del Sundance. Anche quest'anno il bilancio è stato positivissimo: 112 le pellicole presentate, di cui 58 in concorso, provenienti da 34 nazioni. Su tutti ha trionfato “Winter’s Bone” di Debra Granik, che si è aggiudicato anche il Waldo Salt Screening Award, storia di un’adolescente in viaggio attraverso la regione selvaggia delle montagne di Ozark, nel mezzo degli States, per ritrovare suo padre, un trafficante di droga. Tra i documentari la giuria ha premiato “Restrepo” di Sebastian Junger e Tim Hetherington, due giornalisti che hanno testimoniato la guerra in Afghanistan, nella Valle di Korengal. “Questo paese attraversa un momento molto difficile. Siamo al centro di due guerre. Se il nostro film può aiutare il paese a capire come uscirne, ne saremmo davvero orgogliosi”, ha dichiarato Junger. Il pubblico ha invece voluto premiare il documentario “Waiting for Superman” di Davis Guggenheim, che indaga sull’instabilità del sistema di pubblica istruzione degli Stati Uniti nonostante l’incremento della spesa e le promesse dei politici. Altro documentario impegnato "The Oath". della regista yemenita Laura Poitras, che parla del viaggio dall'Afghanistan a Guantanamo di due uomini affiliati ad Al Qaeda. Premiato anche “HappyThankYouMorePlease” dell’esordiente Josh Rador (protagonista della serie tv “How I Met Your Mother”), che disegna le vite di sei newyorkesi alle prese con gli eterni temi dell’amore, dell’amicizia e dell’imprevedibilità del futuro. Da segnalare un premio speciale della giuria per il bravissimo Mark Ruffalo, attore passato per la prima volta dietro la macchina da presa per realizzare “Sympathy for Delicious”, in cui un dj paralizzato scopre di poter guarire le malattie delle persone che lo circondano: protagonista Orlando Bloom, presente alla manifestazione insieme ad un'altra attrice hollywoodiana di grande successo, Natalie Portman, interprete di “Hesher”, presentato al Festival. A rappresentare l’Italia Luca Guadagnigno – già regista di “Melissa P.” - con il suo “Io sono l’amore”, unica pellicola italiana presente quest’anno al Sundance nella sezione “Spotlight”, ritratto di una famiglia milanese. Concludiamo con il film più discusso del Festival: “Buried” di Rodrigo Cortes, girato interamente all'interno di una bara. Valentina Sanseverino
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