Napoli - Si presenta con un sito web ricco di informazioni sulle sue attività, il Centro Culturale e Artistico "I Ponti dell’Arte”, nato nel febbraio 2007 a Napoli “per parlare del mondo [..] con i piedi costantemente legati alla realtà ma con lo sguardo lontano [..] ed ascoltarlo parlare”. Da un convegno sui segreti dei sogni e l’esperienza unica del “social dreaming” (Napoli, 11 e 17 dicembre 2008) alla presentazione di un volume su i colori, i drammi e le paure di un popolo inquieto (Margherita Savastano, Tavolozza napoletana. Quattro colori per otto racconti) fino al Premio Rolando 2009 (scadenza fissata il 12 luglio, clicca qui per leggere il bando), che arriva alla sesta edizione trovando un riscontro nazionale sempre più ampio, per citare solo le iniziative più recenti. Impreziosiscono il portale dell’associazione anche una serie di originali rubriche che ruotano attorno all’arte, tra brevi saggi su temi, tecniche e monumenti, e tantissime curiosità sulle bellezze artistiche campane. Ed è proprio da una riflessione sul ruolo dell’arte, in particolare per una grande metropoli come Napoli, che vogliamo iniziare questa breve intervista con il Prof. Gennaro Guaccio, Presidente de I Ponti dell’Arte e Direttore Generale del Premio Rolando. Presidente, la Sua Associazione esprime sin dalla nascita una forte attenzione allo spessore culturale del territorio napoletano: la sede in una storica libreria, il nome che richiama “I Ponti Rossi” dell’antico acquedotto romano. Come si coniugano cultura e territorio alla luce dei profondi cambiamenti che sta vivendo la città di Napoli? Ai giorni nostri viviamo sicuramente un grave disagio nella cultura, inteso nel senso della sua volgarizzazione, cioè della sua apertura verso una generale consapevolezza. In tal senso, la cultura è diventata termine di confronto tra le persone di ogni livello sociale e non è più fatta per pochi eletti, sebbene questi ultimi ancora sussistano, essendo sempre determinati dalla ragione economica. Però la situazione resta comunque tragica, dal momento che sempre più frequentemente, tanto nelle questioni dotte, quanto in quelle più futili, entrano invariabilmente tutta una serie di elementi raffazzonati e ingarbugliati che vanno, come scrive Lyotard, dall’asserzione alla preghiera, e io dico dal giudizio sul Vangelo a quello sulla Rape Dance, da un cenno a Leopardi a uno su Benni. Ma tutti insieme gettati alla rinfusa nella battaglia. È vero, la città subisce cambiamenti e dobbiamo perciò ritenerci in una fase transitoria: che dire? Adda passà ’a nuttata! Nel frattempo noi, I Ponti dell’Arte, ci mettiamo il nostro impegno, cercando di fare discorsi almeno ragionevoli e ragionevolmente non raffazzonati. Quanto ai Ponti Rossi o alla Libreria Mancini o alle Edizioni Rolando, sono spazi che ci sono cari per tutto ciò che la storia ci tramanda, e la storia è un mezzo validissimo per chiarire alle coscienze la propria appartenenza e restituire, con questa, dignità alla gente. Passiamo al concorso letterario che da ben 6 anni dà a tutti la possibilità di inviare, oltre a un racconto inedito, anche un massimo di tre poesie. A cosa si deve la scelta di questa intramontabile forma letteraria, spesso snobbata dalle case editrici e dalla cultura di massa in genere? Questa formula concorsuale mi sembra assolutamente coerente con il discorso di ragionevolezza che I Ponti dell’Arte propone e persegue con le sue iniziative. D’altro canto, perché mai rinunciare a una formula ben sperimentata, che ha dato spazio nel passato a validi contributi, alla crescita culturale di una società, quand’anche di una nazione o di paesi uniti nel gemellaggio culturale, dove, come ho già detto, questo significa scambio di esperienze e consapevolezza di essere gente tra le genti, popolo tra i popoli, persona tra le persone? Non vale la pena gettare via il vecchio, se il vecchio è buono, o conviene, nel caso, rinnovarlo, insistendo nel proporlo a quella cosiddetta “cultura di massa” che deve crescere, se si vuole che la società cresca oltre i limiti delle più facili fruizioni offerte in larga misura, per esempio, dalla televisione spazzatura. Quali le altre iniziative rivolte a chi vuole esprimere liberamente il proprio talento artistico? In un testo di Saramago non ancora apparso in Italia (ma che forse mai apparirà) si commenta il bloco vertical de granito posto nel Giardino dell’Arco del Cieco a Lisbona, a commemorare l’inventore dell’arte scritta virtuale. È un monumento alla memoria di Jorge Luis Borges. Insomma, ogni invenzione che proponga lo scambio di esperienze - e ultimamente presso il Convento dei Padri Passionisti ci siamo inventati un Cocktail al Convento, con canti classici napoletani e musica jazz - ogni proposta, dunque, che sia pensata come positivo scambio di esperienze è espressione di talento artistico. Bon Dieu, bisognerà forse dirozzare se stessi, studiarsi lo spartito e il canto, aggiustare le rime, correggere la grafìa, impugnare meglio il pennello o la macchina fotografica, ma almeno proviamoci. I Ponti dell’Arte - Via Nuova Poggioreale, 11 - Napoli www.ipontidellarte.it ; info@ipontidellarte.it Angelo Ventriglia
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