In un precedente articolo avevamo già parlato del volume che avrebbe raccontato le gesta dell’uomo più agguerrito del Governo Berlusconi. Ma Brunetta ne fa una più del diavolo, per meritarsi non solo il favore dei mass media, che si fregano le mani a ogni suo piccolo gesto notiziabile, ma anche il disappunto della gente comune, che non ha tardato a farsi sentire a gran voce. Il libro in questione era stato preannunciato da Panorama col titolo “La mia rivoluzione”: avevamo espresso i nostri dubbi sulla legittimità di un espressione del genere, carica di sensazionalismo e alquanto presuntuosa. Ebbene, forse grazie all’intervento di qualche editor assennato di Mondadori, nelle librerie sarà disponibile da oggi (al prezzo di 18,00 €, ndr) “Rivoluzione in corso”: un titolo più sobrio, dunque, che vede confermato il parolone “rivoluzione”, ma aggiunge quell’idea di cantiere, di work in progress, che ben si addice a chi vuole fare della più straordinaria efficienza una filosofia di vita (lavorativa). Sappiamo che la Rete offre oggi grosse opportunità per pianificare capillari campagne di marketing, e la grande industria editoriale lo ha capito già da tempo, utilizzando le varie applicazioni Internet per raggiungere direttamente i potenziali clienti sul proprio computer. La posta elettronica costituisce, in particolare, quanto di più efficace a tale scopo: numerose ricerche collocano la gestione della propria casella email al primo posto nella lista delle operazioni preferite dagli internauti. D’altra parte, però, le azioni di e-mail marketing devono rispettare la legge 31 dicembre 1996, n. 675 (Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali), che recita: “Gli indirizzi di posta elettronica recano dati di carattere personale da trattare nel rispetto della normativa in materia. La loro utilizzazione per scopi promozionali e pubblicitari è possibile solo se il soggetto cui riferiscono i dati ha manifestato in precedenza un consenso libero, specifico e informato”. Tale disposizione vale per chiunque, anche per un Ministro; l’indirizzo e-mail del mittente (“Staff di Renato Brunetta”!), fa pensare, peraltro, a una scelta personale dell’autore (non potendo chiaramente utilizzare l’indirizzo istituzionale r.brunetta@governo.it a scopi privati), piuttosto che a un’iniziativa promozionale della casa editrice. Trovare tra i propri messaggi di posta elettronica un’immagine contenente, tra le altre cose, foto del mittente, data di uscita del libro e invito a cliccare per leggerne il primo capitolo, senza alcun riferimento legislativo, ha fatto infuriare molti, ignari di come qualcuno “dall’alto” sia potuto arrivare fino al suo indirizzo. Tra i tanti blogger che ne hanno parlato nei propri diari online, c’è chi ha notato che l’email “non è stata anticipata nemmeno come SPAM” (Doriana Goracci su Reset Italia), mentre Vittorio Bertola dà la colpa di quanto accaduto a BlogItalia, storico aggregatore di weblog (“Mi scrive Brunetta”, post del 19 aprile). Altri commenti a riguardo sono facilmente rintracciabili in Rete. In conclusione, comunque sia andata, il Ministro ha delle chiare responsabilità in merito: nonostante abbia fatto della legalità uno dei suoi cavalli di battaglia, è caduto nella trappola del successo editoriale, non abbastanza sazio del consenso riscosso dal suo dicastero. Angelo Ventriglia |